Mogli in prigione perché scappate da una storia familiare di violenze. Bassi livelli di istruzione. Matrimoni con spose-bambine. E la lotta coraggiosa di Maria Bashir, l'unica procuratrice generale del Paese, inserita dal Time tra le 100 donne più influenti al mondo. Che spiega: "È necessario aprire le menti, soprattutto degli uomini"
di PAOLA NURNBERG
Ed è giusto che sia così, dato che insieme a queste donne vivono i loro bambini. Le detenute sono 126, i piccoli ospiti 85, di età compresa tra i due mesi e i 10 anni. Passano le giornate con le loro mamme e hanno a disposizione una stanza colorata e piena di giochi. Sembrano sereni, ma malgrado l'atmosfera tutt'altro che cupa non si deve dimenticare che si tratta pur sempre di un carcere, dove sono costrette a vivere persone i cui diritti sono spesso stati violati. Vittime insomma, in gran parte dei casi. E il cammino verso la loro libertà inizia solo dove si arrestano gli abusi da parte degli uomini.
E' da qui che può, anzi, che deve ripartire la crescita e la costruzione di uno stato democratico, sostiene Maria Bashir, unica donna procuratrice generale dell'Afghanistan. Quarantadue anni, uno sguardo bellissimo, l'anno scorso il Time l'ha inserita nella lista delle 100 persone più influenti al mondo. E si capisce subito il perché.
Il suo lavoro è dedicato a contrastare le piaghe del paese: la corruzione, che è a livelli altissimi, la criminalità, gli abusi domestici. E per questo riceve quotidianamente minacce di morte. Vive circondata da 23 guardie del corpo, uomini armati stanno anche fuori dalla porta del suo ufficio, mentre due anni fa un ordigno era esploso davanti a casa sua.
Ha paura ovviamente, ma niente l'ha fermata. Ed è grazie a questa donna straordinaria che i risultati cominciano a vedersi. "Quando abbiamo iniziato a lavorare qui nel 2006 - dice - eravamo solo due donne, adesso le procuratrici sono 12 e io voglio riuscire a dimostrare che le donne possono farcela". Il suo ufficio dall'anno scorso ha seguito oltre 250 casi, molti dei quali erano di suicidio, auto-immolazioni e matrimoni sotto l'età legale, oltre alle violenze domestiche. "Quasi sempre il carnefice è il marito o una persona molto vicina alla vittima". È così in tutto il mondo, e l'Afghanistan non fa eccezione.
Maria Bashir ha un marito e tre figli, tra cui una ragazza di 16 anni: "È soprattutto per lei che non mollo - spiega - perché voglio che abbia un futuro migliore. E per fare questo è necessario aprire le menti, che vuol dire aprire anche quelle degli uomini, parlando con loro, affinché capiscano quali sono i diritti delle donne, quello che la legge gli permette e gli vieta".
Ad ascoltarla si percepisce l'impresa titanica che l'attende, ma lei va avanti, spiega pazientemente, non parla degli ostacoli che incontra, ma si sofferma piuttosto sui reati che non tollera, come i matrimoni contratti con spose-bambine (l'età legale è 16 anni) e dei casi che tratta.
Quello che l'ha colpita di più è il caso di un uomo di 45 anni, sposato con una bambina di nove. "Fortunatamente sta aumentando la consapevolezza delle donne circa i loro diritti, sanno che cosa possono esigere o rifiutare, e sempre più spesso vengono qui a denunciare, con coraggio, i mariti o coloro che sono violenti contro di loro. Riceviamo anche segnalazioni dall'ufficio per i diritti delle donne e dalla polizia".
Trasmette fierezza lo sguardo di Maria Bashir, non si sente un'eroina anche se sa compiere eroismi, come quando, durante il periodo dell'oppressione talebana, dirigeva una scuola femminile clandestina. Per questo, aveva scritto il Time nel 2011, la sua influenza potrebbe non essere immediatamente evidente, ma in futuro darà i suoi frutti.
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